Sono nata alle 09.05 di un giovedì mattina (15/09/1977) nel reparto maternità di Tradate (VA) dopo solo poche ore di travaglio (con somministrazione di ossitocina per mancanza di contrazioni regolari necessari a portare a termine il parto) vicino a mia mamma c’era l’ostetrica C. che l’ha accompagnata durante tutto il travaglio rassicurandola e aiutandola a riconoscere le spinte (mia mamma anche nelle due successive gravidanze sostiene di non aver mai sentito la necessità di spingere) a superare quell’impresa così grandiosa per una ragazza di 15 anni.
Appena nata C. mi accoglie con le prime cure, e poi mi pone tra le braccia della mia mamma… Peso 3900 gr e sono lunga 52! Una bellezza di bambina visto che durante la gravidanza mia mamma ha preso la pillola anticoncezionale fino al 7° mese per mestruazioni irregolari (che fino al mio concepimento erano regolari come un orologio)!
Già la gravidanza di mia mamma “non è stata riconosciuta fino a quando non le è letteralmente scoppiato il pancione dopo una piccola caduta”! Nemmeno io riesco a crederci, ma i racconti sono sempre gli stessi, mia nonna spesso torna in quei tempi con il pensiero e racconta sempre la stessa cosa… ti riporto uno stralcio:
“ Andavamo tutti i mesi dal ginecologo per la visita di controllo visto che la mamma aveva solo piccole perdite e nonostante la pillola non aveva mestruazioni normali, a luglio, prima di partire per il mare, siamo andati a fare la visita e il lettino dove si era seduta la mamma è caduto all’indietro bruscamente, e lì mi è venuto da svenire a vedere la pancia della mamma… Ho capito subito anche dalla faccia del medico come stavano le cose, ho portato via subito la mamma e l’ho portata in una casa famiglia a Bergamo di Suore dove venivano portate le ragazze madri abbandonate dalle famiglie, così lì poteva essere seguita da chi di dovere”
Non so cosa possa aver provato mia mamma alla scoperta del mio arrivo (sapeva di aver avuto rapporti ma rassicurata da un dottore che ne sa più di te, non pensava proprio di essere incinta) non le ho mai chiesto e lei non ha mai raccontato le sue emozioni, ma ho saputo solo poco prima di sposarmi cosa pensa di questo luogo tanto particolare: lei sostiene che a parte i primi giorni di sbandamento, sia stato meglio stare lì gli ultimi 2 mesi di gravidanza perché ha potuto riflettere su tante cose, ha potuto scoprire cosa le stava capitando e non ha dovuto subire le chiacchiere della gente che vede una “bambina di 15 anni “ con il pancione. Mi ha raccontato che lì parlava con una suora ostetrica che le ha spiegato cosa sarebbe successo al suo corpo, come sarebbero evolute le cose dal momento in cui si sarebbe scatenato il travaglio, senza contare che lì si sentiva una persona normale e non una ragazza facile (come si sente invece giudicata da sua mamma nonché mia nonna).
C., la nostra ostetrica doula, ha seguito tutte le fasi da quel momento facendole visita ogni settimana, e al momento dell’inizio del travaglio lei era con noi.
Mio padre, allora ragazzo di 18 anni, ha un ruolo marginale in tutto questo, come poi del resto anche in seguito, era presente fuori dalla sala parto, impacciato e agitato, un po’ succube di mia nonna (come tutte le persone che le stanno intorno), quando mi ha visto per la prima volta dicono abbia pianto, ma non so dirti molto altro di quel momento…
Dopo un “bellissimo Battesimo” (parole della nonna) celebrato a Bergamo presso la parrocchia delle Suore, mia mamma ha dovuto riprendere gli studi per terminare la scuola magistrale (le mancava l’ultimo anno per ottenere il diploma) ed io sono stata affidata alle cure della nonna R., mamma di mio padre. Ho passato l’intero primo anno di vita da lei, giorno e notte, mia mamma usciva da scuola e veniva a trovarmi, poi alle 19.00 tornava a casa. I racconti che ho di quel periodo sono molto frammentari, molti arrivano da mia nonna, che mi racconta solo il lato della pulizia personale e dei locali che amava mia nonna R., alcuni da mia mamma che mi dice sempre che la cosa che la scioccava ogni volta che entrava in casa era che mi trovava sempre nella culla (sveglia o no) tranquilla e pacifica e ancora più scioccata era dal fatto che per darmi da mangiare sollevava solo il cuscino, nessun contato fisico, nessuna coccola… Non so cosa provasse mia mamma, ancora così giovane, ma credo che il dolore per non potermi tenere con lei, coccolarmi come e quando voleva, nutrirmi e fare le cose normali che fa una mamma non l’abbia ancora cancellato!
Finalmente è passato un anno e lei finisce la scuola, mia mamma può portarmi con sé a casa e lì ricomincia la nostra vera avventura… ho dei piccoli ricordi, forse dovuti anche a foto viste, racconti frammentari dei familiari, io e lei a 4 zampe in corridoio che giocavamo a prenderci, le nostre risate rimbombanti nel cortile di casa…
E poi le vacanze nella casa in montagna, fra prati e ruscelli freddissimi, mucche e agnelli, latte fresco ogni mattina, cicche argentate a forma di proiettile comprate con le monetine, fette di prosciutto “rubate “ dietro al bancone dei salumi con la complicità del salumiere… gite nei sentieri pieni di rumori che sento ancora oggi, schizzi dagli abbeveratoi nella piazza sotto casa, panni lavati dalle lavandaie del paese nei lavatoi comuni…
Mio padre andava e veniva, il loro rapporto è terminato quando io avevo circa un anno e mezzo e le sue visite erano sempre più saltuarie, ricordo una volta che lo aspettavo per il mio compleanno (3 anni) vestita di tutto punto ( a mia mamma piaceva vestirmi carina) con cappello e cappotto compreso, affacciata alla porta finestra che guardava la strada, ero in attesa del suo arrivo… mi sono addormentata vestita perché ogni volta che mia mamma faceva per svestirmi le dicevo che sarebbe arrivato papà e io dovevo essere pronta. Ovviamente non è mai arrivato a quell’appuntamento, come a tanti altri fino a che un giorno ho capito sarebbe stato l’ultimo nostro incontro: un pomeriggio in montagna attendevo il suo arrivo, eccolo mi saluta e come ormai di norma discute con mamma (io avevo ormai quasi 4 anni) per il suo ritardo di 2 giorni, poco dopo mi risaluta e scende le scale della nostra casa in montagna io mi giro verso mia madre e le dico: “ E’ l’ultima vota che vedo papà vero?”
E’ così, quella fu l’ultima volta che lo vidi e da quel giorno comincia un altro capitolo della mia vita…
Fu proprio così, quella fu l’ultima volta che vidi mio padre…
Le mie vacanze continuarono nella nostra casetta (ricordo un lungo corridoio che costeggiava le 2 camere da letto e in fondo c’era il bagno che si affacciava su un viottolo dove c’era una piccola stalla… come mi faceva paura quel corridoio, ricordo ancora che correvo sempre per arrivare al più presto in fondo… ma una volta in bagno il timore spariva, mi piaceva stare lì ad ascoltare le capre e le mucche e salutare le signore che passavano di lì con i loro panni appena lavati nel lavatoio pubblico poco distante) e una volta finite e tornati a casa mia madre cominciò a lavorare, vivevamo a casa con i miei nonni materni e mio zio, durante il giorno stavo con una baby sitter, “la Pina”, una signora un po’ anziana senza nemmeno un dente ma tanto carina, è stata una nonna adottiva per me, la ricordo sempre con affetto, mi ha curata fino alla fine della scuola materna. In quel periodo, tra i 4 e 5 anni ho iniziato a frequentare la scuola materna e ricordo che spesso la Nonna R. veniva fuori da scuola a salutarmi con il nonno L., ma durò poco perché mia mamma si arrabbiò molto con loro, venivano di nascosto fuori da scuola ma non si facevano né vedere né sentire a casa mia. I nostri rapporti si conclusero quando il tribunale diede il totale affidamento a mia mamma, non so cosa tratteneva i miei nonni, non so come mai non sono riusciti a mantenere i contatti con me…
Mia mamma dopo un anno circa conosce un uomo, V., un tipo che fin da subito non mi piace per niente…
Finita la materna arriva il primo giorno di scuola, me lo ricordo come fosse ieri, con il mio grembiule, il fiocco rosso, le scarpe nuove e sulle spalle una cartella in cuoio marrone chiaro con due grosse fibbie che la tenevano chiusa (me l’aveva costruita tutta per me un amico di famiglia che lavorava il cuoio). Dentro avevo sistemato il diario, un quaderno e l’astuccio, ah quanto mi piacevano le matite, le penne, i colori, le gomme… Adoravo tenere in ordine le cose di scuola… (Ancora oggi sono un po’ maniaca della cancelleria) Insomma entro a scuola tutta fiera e felice ma la felicità non durò molto… La maestra (la ringrazio ancora oggi per quanto mi ha insegnato didatticamente parlando) era una persona un po’ all’antica, ci ha fatto scrivere dal primo giorno di scuola con la penna stilografica (ho tenuto il mio primo quaderno, è documentabile…) era molto severa, fredda, dovevamo alzarci al suo arrivo… insomma un’insegnante d’altri tempi. Ovviamente io ed un altro compagno (F., quanto era bello, classico baschetto biondo occhi tondi, viso da angelo – solo il viso naturalmente – ) eravamo presi di mira perché figli di persone separate, io poi ero figlia di una ragazza madre… che disgrazia!!! Io non ho mai pensato di essere la disgrazia di nessuno, non ho mai pensato che fossi diversa dagli altri perché non avevo vicino a me un papà come tutti gli altri, mia mamma è sempre stata brava a farmi capire che io ero diversa dagli altri nello stesso modo in cui gli altri erano diversi da me, ognuno di noi è diverso da un altro perché Unico! Ma questa maestra ha messo a dura prova questa mia consapevolezza… infatti non mancava occasione per offendere, per rimarcare che io il compito non potevo farlo perché potevo parlare solo della mamma, e così via… Poi ha raggiunto l’apice delle idiozie (almeno a parer mio) quando sono stata rifiutata dalla classe (avevo 7 anni) perché non portavo mai, e sottolineo mai (con tanto orgoglio), la gonna! Già una mattina si è rifiutata di farmi entrare perché erano mesi che mi diceva di mettere la gonna perché ero ( e sono!!!) una femmina e quindi dovevo uniformarmi agli altri… Io non ero comoda con la gonna (poi mia mamma quando la mettevo mi faceva mettere gli orribili gambaletti, che tuttora non mi piacciono) e quindi per la scuola mi mettevo i pantaloni, solo in occasioni rare ho accettato di infilarmi una gonna… Lei mi aveva avvisata che sarebbe successo prima o poi, e quella mattina lo ha fatto, mi ha fatto tornare a casa… Non ti dico la rivoluzione che si è scatenata dopo… La storia è andata avanti per qualche giorno, ma poi fortunatamente cambiai scuola perché mia mamma si doveva sposare e quindi mi ha spostata nella scuola del paese dove saremmo andate a vivere.
Questa nuova scuola per me è stata una salvezza… E’ una scuola dove ci sono solo 5 classi, dalla prima alla quinta, ci sono 2 insegnanti per classe poiché a tempo pieno, mangio in mensa ( a me è sempre piaciuto mangiare…) con tutti i miei compagni (che finalmente non mi etichettano come la figlia della ragazza madre senza papà) e finalmente incontro una persona molto speciale; A., insegnante di italiano, che oltre ad essere una brava maestra, severa all’occorrenza, era una splendida donna! Sapeva prendere tutti per il verso giusta, sapeva “aggiustare” la giornata più nera e brutta di ognuno di noi, sapeva Ascoltare e Comunicare!!! A lei devo molto, ha saputo darmi le sicurezze che mi erano mancate, ha saputo guardarmi dentro e capire che dietro quella bambina solare, simpatica, disponibile verso chiunque, c’era una bambina che non faceva trapelare un malessere per non far star male nessuno, perché sapeva già che soffrire non era per niente bello! Sapeva che “essere diversi” poteva essere doloroso e quindi si arrabbiava con chi escludeva il bimbo goffo, il bimbo fragile, il bimbo down…
Gli ultimi due anni delle elementari sono stati difficili (in famiglia c’è stato un fallimento di una ditta con tutto quello che ne consegue, arresto dei nonni compreso) ma allo stesso tempo molto belli, ricordo molti momenti di spensieratezza, e poi le mie prime gite senza la mamma: già, in quarta siamo andati 7 gg in montagna (a Marzio, non ti dico le battute) e in quinta invece siamo andati a Cattolica. Sono due viaggi che ricordo con estrema gioia, i grandi aiutavano i piccoli a fare tutto, mangiare, lavarsi, vestirsi, andare a letto… Sono stati giorni pieni di allegria, tra canti e giochi, momenti di condivisione meravigliosi!
Come dicevo poco fa, mia mamma nel marzo 1987 si sposa con V., quel tipo che continuava a non piacermi affatto, ci trasferiamo nella nuova casa, io ho finalmente un letto tutto mio (fino a quel giorno lo condividevo con mia mamma per mancanza di spazio) e una stanza con una scrivania dove poter esporre “la mia cancelleria”!!! Scherzi a parte ero contenta di avere uno spazio per me, ma non ero felice del resto… Non ero felice perché quell’uomo si imponeva con estrema indelicatezza, era logorroico, non ascoltava, era capace solo lui di fare tutto (ma allo stesso tempo non faceva nulla), il classico personaggio che a lungo andare ignori.
Ho sempre cercato di capire cosa non ha funzionato nel nostro rapporto, e la risposta è sempre la stessa: “mangia il riso con la forchetta non con il cucchiaio come gli handicappati”
Questa frase non me la riesco a togliere dalla testa: era la prima volta che ci vedevamo, era a cena a casa nostra e mia nonna da buona milanese ha fatto il risotto con lo zafferano e come di consuetudine io (bambina di 4 anni e poco più) prendo il mio cucchiaio (quello dei grandi) e inizio a mangiare ordinatamente composta sulla sedia. Lui in un nano secondo mi afferra la mano e mi dice le parole che ti ho detto prima. Io non so perché mi ha fatto tanto male quel gesto e quella frase, so che ancora oggi è il primo ricordo che ho di lui, è stato il suo biglietto da visita che ancora oggi (ormai 51enne ) non smentisce affatto, né con me, né con i miei fratelli, né con le mie figlie… Già perché l’atteggiamento di arroganza, superiorità, egoismo che aveva in quegli anni è aumentato con il passare del tempo… Sa distruggere una persona mortificandola in ogni occasione: se prendi 6 a scuola, potevi fare meglio, se prendi 10 sei sempre il solito esagerato, se scopi per terra, hai dimenticato la briciola nell’angolo sotto a destra, se rientri a casa alle 22.31, ti avevo detto alle 22.30. Io non ho mai sentito dire da lui le parole: sono contento di ciò che hai fatto, bravo continua così, grazie per aver fatto questo per me… Potrei raccontarti molti aneddoti, ma sono tutti uguali, tranne uno che ha cambiato un’altra volta la rotta della mia vita…
Ricordo un giorno in montagna, forse avevo 5/6 anni, ero in cortile a giocare con gli amichetti del posto, sono salita per fare la merenda e mia mamma non mi risponde, chiamo e richiamo ma la mamma non risponde, allora vado verso il corridoio che non mi piaceva affatto e il mio sguardo cade nella camera da letto dove vedo il marito di mia mamma sdraiato a pancia in giù, nudo, e sotto c’era mia mamma… a quel vedere sono fuggita via, quasi arrabbiata, e non so nemmeno io perché (ripensandoci ora non mi da fastidio, sono pienamente consapevole che sia una cosa normale e vivo la sessualità in maniera molto serena e bella) ma non so perché ho ancora questo ricordo così sgradevole, così fastidioso, ricordo che scesi in cortile e quando ritornai a casa (aspettando di essere chiamata da loro) vidi mia mamma che sembrava avesse pianto, non mi rivolgeva lo sguardo e tanto meno mi parlava…
Arrivata alla scuola di Bariola (quella di sole 5 classi) trovai un’insegnante meravigliosa, si chiama A., con lei mi sentivo al sicuro, mi dava certezze, rendeva concreto tutto ciò che ci raccontava, mi ha trasmesso serenità mi ha insegnato a tirar fuori rabbie e dolori, ha saputo sostenermi e sgridarmi nei momenti giusti, ancora oggi quando la penso mi commuovo, mi manca il suo sorriso e la sua voce così calda…
Era così bello andare a scuola e non sentirsi giudicate per “gli errori” commessi dai propri genitori, già… ogni tanto mi sento ancora dire dalla madre di mia mamma “l’errore di tua mamma mi è costato tanto” (l’errore sono io se non era chiaro), pensa che quando andavo in giro con lei (la nonna) mi imponeva di chiamarla zia, questa cosa mi faceva ridere un tempo, ma oggi mi fa arrabbiare molto, mi fa male il solo pensiero che mia mamma deve ancora oggi sentirsi in colpa (come allora) per aver dato alla luce una vita! Io non devo far altro che ringraziarla, (cosa che purtroppo non faccio spesso), lei con tutte le difficoltà, gli errori, le gioie, le privazioni e tutto ciò che implica essere una ragazza madre mi ha messa al mondo e tenuta con sé!
La ammiro e vorrei infonderle anche solo un po’ della forza che mi ha donato nel tempo… la vedo stanca, sola, in un mare di domande senza risposte, con tre uomini che non la sanno apprezzare… Vorrei farle un po’ da sostegno, darle il coraggio di reagire alla vita … non so come poter fare, ma ci riuscirò, abbiamo già conquistato molta strada da quando anche io sono diventata mamma, comprendo molto di più alcuni suoi timori, sentimenti…